Di là del bene e del male

Nell’ambiente “progressista”, è di moda sostenere le giacche gialle come una corda sostiene l’impiccato. Non sarebbero davvero ecologici. Alcuni avrebbero intenzioni razziste, omofobiche, sessiste… Poi, soprattutto, chi sono queste persone uscite dal nulla, senza un elaborato programma rivendicativo, che rifiutano qualsiasi rappresentante, che si dicono pacifici ma non rifiutano la violenza?

Magari sono solo persone normali che non ce la fanno più di sopportare le difficoltà di fine mese, la precarietà, le pensioni da fame, ecc.? Magari non sono che gli scartati della globalizzazione capitalista, i delusi della democrazia borghese rappresentativa, oltre che dalle tradizionali forme tradizionali di opposizione politica e sindacale? In breve, il movimento dei giubbotti gialli sembrerebbe una Jacquerie senza prospettiva o futuro. Ma ne siamo sicuri?

Non inganniamoci, non stanno solo chiedendo un calo del prezzo della benzina. Stanno anche combattendo contro la soppressione dell’ISF,[1] per il RIC (Referendum di Iniziativa Civica), ecc. e, quasi per caso, in pochissimo tempo, si sono organizzati in reti, usando l’azione diretta con perseveranza… facendo fare una marcia indietro al governo come mai era successo prima.

Oh, certo, ci sono alcuni movimenti politici che stanno cercando di recuperarli e non è impossibile che ci riescano. Ci riusciranno tanto più facilmente se non risponderemo in modo chiaro alle domande fondamentali poste dai giubbotti gialli e ci accontenteremo di essere spettatori invece di essere attori.[2]

Jean-Marc R. CRML

Traduzione di Enrico Voccia

NOTE

[1] Imposta di Solidarietà sulle [grandi] Fortune, ancora presente in Francia come meccanismo “keynesiano” di redistribuzione della ricchezza e continuamente sotto attacco da parte delle politiche neoliberiste.

[2] L’articolo in questione è l’editoriale di Le Monde Libertaire n. 1802 del gennaio 2019, p. 3.

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